Quando privatizzazione fa rima con violenza privata.

Si è celebrata oggi 12 marzo, per il terzo anno, la giornata nazionale contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari.
Sono allarmanti i dati comunicati dal ministro Schillaci, dal presidente della Regione Lazio Rocca (che ha avocato a sé la delega sulla Sanità) e dall’INAIL nel corso di un convegno che si è svolto a Roma.
Nel 2023 nel Lazio i casi di aggressioni subite da parte degli utenti sono stati più di 800.
Secondo una recente indagine di Anaao Assomed l’81% del personale sanitario campionato ha subito aggressioni fisiche o verbali, ma il 69% non denuncia.
Ma quanto accade nella Sanità, quasi esclusivamente in quella pubblica, non è un caso a sé stante.
Il ministro Valditara, per esempio, ha denunciato già a inizio febbraio 28 episodi di aggressioni ai danni del personale scolastico, insegnati e ATA, da parte di genitori o di studenti. Se si considera che nell’intero anno scolastico 2022-2023 gli episodi furono 36 siamo di fronte a un incremento tendenziale del 111%.
A febbraio scorso la Prefettura di Roma ha dovuto istituire un Osservatorio sulla violenza nei confronti del personale front line del Trasporto Pubblico Locale a causa delle ripetute aggressioni subite.
Una recente inchiesta condotta da Slc-Cgil sul personale di contatto di Poste Italiane (sportello e domicilio) ha evidenziato che il 56,4% del campione dichiara di aver subito violenze verbali o fisiche. Pur considerando che oltre la metà delle violenze verbali dichiarate sono attuate dai superiori gerarchici anche qui la diffusione della pratica violenta da parte degli utenti è notevole.
L’elenco potrebbe certamente allungarsi, ma ci feriamo qui per non far torto a nessuno.
Limitiamoci a registrare che le statistiche mostrano quanto le lavoratrici e i lavoratori dei servizi pubblici siano esposti a un un tasso di violenza sul lavoro superiore alla media dovuto ai comportamenti degli utenti.
L’allarme mediatico delle istituzioni su questo dato è alto. Basta guardarsi intorno quando si entra in un pronto soccorso o si sale su un mezzo di trasporto pubblico dove si leggono manifesti in bella mostra con appelli ad astenersi dagli atti di violenza nei confronti del personale di servizio rivolti agli utenti che richiamano possibili interventi repressivi. Non siamo invece a conoscenza di idonee misure preventive dove la qualità del servizio offerto è scarsa e mancano le più elementari condizioni di accoglienza e di gestione del pubblico e una adeguata sorveglianza soprattutto nelle situazioni critiche.
L’esecrazione dei comportamenti violenti nei confronti di chi lavora e non è responsabile dei risultati insufficienti certamente è doverosa. Cionondimeno sarà lecito chiedersi se l’aumento esponenziale degli episodi pur esecrabili di violenza contro chi lavora non sia dovuto in buona parte al crescente degrado della qualità dei servizi pubblici e, non di rado, al disservizio dovuto in ultima analisi all’erosione del pubblico da parte del privato.
Tornando alla Sanità e alla già citata indagine Anaao Assomed i casi di aggressione da parte degli utenti si concentrano nei reparti Pronto Soccorso/Medicina d’emergenza-urgenza, ma sono numerosi i casi di aggressione del personale anche nei reparti psichiatrici ad opera dei degenti. Seppur con dinamiche differenti, tuttavia, l’intera casistica è riconducibile alla carenza di personale e al definanziamento del Ssn.
Di giornate nazionali contro la violenza sul personale socio-sanitario se ne possono celebrare anche 12 l’anno, ma per rimuovere alla radice le cause del fenomeno violento bisogna tornare a finanziare il SSN. I tre miliardi in più sul FSN dell’ultima legge di bilancio non possono migliorare il clima in quanto sono destinati al privato ancorchè convenzionato invece che al pubblico
Tutelare davvero l’integrità fisica e la personalità morale di chi lavora in prima linea vuol dire consentire di lavorare con mezzi efficienti, offrendo prestazioni efficaci e in ambienti sereni.