Come far cassa sugli omicidi bianchi.

Dopo aver tagliato il  Reddito di Cittadinanza e ampliato l’utilizzo del contratto a termine e del voucher lavoro in un sol colpo, con il provvedimento chiamato con scarso senso dell’ironia “Decreto Lavoro”, il governo ha voluto davvero strafare scagliandosi non solo contro chi di lavoro ci vive, ma anche contro chi di lavoro ci muore.

Prima contro i poveri invece che contro la povertà, poi invece che contro le morti sul lavoro contro i morti sul lavoro.

Il 18 maggio scorso la Ministra Calderone ha firmato un decreto ministeriale, il n°75, che a partire dall’anno in corso decurta di un terzo (arrotondato per eccesso e non certo per difetto, ça va sans dire) le indennità INAIL spettanti ai parenti a carico e conviventi superstiti dei morti per lavoro.

Si tratta delle prestazioni del Fondo di Sostegno ai Familiari delle Vittime di Gravi Infortuni sul Lavoro istituito dalla Legge finanziaria del 2007 dal governo Prodi II (la 296 del 2006) che stabiliva un indennizzo una tantum in aggiunta alla rendita INAIL della quale, per altro, si prevedeva l’anticipo di 3 mensilità calcolate sul minimale assicurativo.

In soldoni la decurtazione praticata è la seguente:

Per 1 superstite da 6.000 € a 4.000 €.

Per 2 superstiti da11.400 € a 7.500 €.

Per 3 superstiti da 16.800 € a 11.000 €.

Da 4 superstiti in su da 22.400 € a 14.500 €.

Secondo la legge istitutiva detti importi spettano a:

I figli legittimi naturali riconosciuti o riconoscibili o i figli adottivi fino al 18° anno di età oppure fino al 21° anno se iscritti a scuola media superiore o professionale oppure fino al 26° anno per studenti universitari oppure i figli  inabili per la durata dell’inabilità; il coniuge; in mancanza di figli o coniuge i genitori naturali adottivi a carico o i fratelli e le sorelle a carico e conviventi.

Sono questi i soggetti colpiti dall’infame misura della ministra Calderone: persone spesso private dell’unica fonte di reddito familiare dalla perdita del congiunto, persone che devono pagare il prezzo più alto per il profitto di pochi e, non di rado, per le violazioni alle norme di sicurezza da parte del padrone.

In questo paese muoiono di morte violenta sul lavoro (li chiamano “incidenti”) tre lavoratori al giorno, senza contare quanti contraggono malattie professionali che poi li portano alla morte, le ispezioni degli ITL del 2022 hanno registrato un tasso di irregolarità delle imprese del 72% (+3% sull’anno precedente), 9 imprese edili su 10 sono risultate fuori regola ai controlli a campione. Eppure la colpa è di chi muore e si puniscono i superstiti.

Se davvero si fosse voluto soltanto fare economia sul Fondo di Sostegno ai Familiari delle Vittime di Gravi Infortuni sul Lavoro si poteva avere un risparmio riflesso investendo sugli organi ispettivi o, semplicemente, inasprendo le sanzioni alle imprese inadempienti nell’applicazione delle norme di sicurezza. Invece si va nella direzione esattamente opposta.

Sarà l’”invidia sociale” che ci fa parlare così oppure saranno il disprezzo e la tracotanza di classe che li fa agire così?